In Italia
La nostra impronta di carbonio
Il COMI si sta impegnando a ridurre la propria impronta di carbonio, aiutaci adottando stili di vita sostenibili!
Per assorbire questa quantità di CO2 in un anno sono necessari 810 alberi adulti.*
*Valore medio riferito all’assorbimento dell’habitat di un bosco delle Prealpi. Questi sono dati medi ed hanno funzione di rendere più comprensibile il dato ma non hanno pretesa di precisione.
Cosa sono le migrazioni sostenibili?
Le migrazioni sono un fenomeno che dovrebbe essere concepito nel quadro dello sviluppo sostenibile, dall’Agenda 2030 al Global Compact sulle Migrazioni. A questo riguardo la European Migration Network (è una rete europea di esperti in materia di migrazione e asilo che lavorano insieme per fornire informazioni e conoscenze obiettive e comparabili sulle questioni emergenti relative all’asilo e alla migrazione in Europa), ha approfondito il tema con riferimento alla politica migratoria europea, cercando di articolare il concetto di “migrazioni sostenibili”.
Nel background document n.11 qui scaricabile, riportiamo e commentiamo per la discussione, le principali conclusioni che sono emerse dalla tavola rotonda sulla “Sustainable Migration from Africa to Europe”.
In linea con la Agenda 2030, che mostra come il fenomeno migratorio possa essere compreso solo se messo in relazione tra le diverse dimensioni sociale, economica e ambientale, la tavola rotonda del Network Europeo sulle Migrazioni ha esplorato il significato di “migrazione sostenibile” che cerca di contemperare le prospettive politiche degli stati di origine, transito e destinazione.
E’ stato affrontato il concetto di “whole of route” fondato su un approccio di triple win: si tratta di riconoscere l’importanza dell’intero percorso migratorio in modo che tutte e tre le parti ne traggano beneficio: i paesi di origine, quelli di destinazione e i migranti stessi, sottolineando come una “migrazione sostenibile” offra ai responsabili politici l’opportunità di governare meglio le migrazioni, in modo che esse possano essere vantaggiose sia per i paesi di origine che per quelli di destinazione.
Secondo questo approccio sono da collegare tra loro in modo trasversale diversi obiettivi di sviluppo sostenibile, ne possiamo citare almeno 5: il primo relativo alla lotta alla povertà (in particolare nei paesi di origine), l’ottavo sul lavoro dignitoso (per la salvaguardia dei diritti dei lavoratori migranti nei paesi di destinazione), il decimo sulla disuguaglianza (tra paesi di origine e di destinazione, e per canali regolari e sicuri per le migrazioni), l’undicesimo su città inclusive e sostenibili (con riferimento all’integrazione dei migranti nelle città di destinazione), e il sedicesimo su istituzioni giuste (per la difesa dei diritti dei migranti in tutto il loro percorso migratorio).
Sono stati delineati i rischi e i benefici riguardanti l’attuale sistema migratorio Africa – Europa. Tra i primi rientrano la “fuga di cervelli” (la migrazione di manodopera altamente qualificata) e il conseguente brain waste, “spreco di cervelli” (i lavori a bassa qualificazione a cui sono costretti molti immigrati con studi e specializzazioni elevate), la migrazione irregolare, e la nascita di percezioni sui migranti errate, enfatizzate dai media e sfruttate a fini politici, che creano tensioni, preoccupazioni e paura. Tra i benefici invece si sottolinea come la migrazione circolare permetta all’Europa di beneficiare di lavoratori qualificati e non, e all’Africa di usufruire dei benefici economici provenienti dalle rimesse, creando così una migrazione reciprocamente vantaggiosa.
Infine si sottolinea la stretta connessione che dovrebbe esistere tra protezione dei diritti dell’individuo e sviluppo sostenibile, possibile esclusivamente attraverso la creazione di un ambiente sociale ed economico dignitoso per i migranti nei paesi di destinazione, in cui le comunità insediate e le popolazioni locali possano prosperare, e con il riconoscimento e la professionalizzazione del ruolo delle diaspore come agenti di sviluppo nel paese d’origine, attraverso lo studio di strumenti di investimento che valorizzino l’impatto finanziario delle rimesse.
Il concetto di migrazione sostenibile cerca di tenere in conto e di equilibrare gli interessi dei diversi attori in gioco, in particolare dei migranti e delle comunità di destinazione, in modo da rendere sostenibile l’impatto, prendendo in considerazione con lo stesso livello di importanza tutti i fattori che caratterizzano lo sviluppo attuale e futuro dei paesi di partenza e di arrivo.
BAROMETRO DELL’ODIO NELLO SPORT
Il 26 maggio alle ore 11 in diretta Facebook sulla pagina di Odiare non è uno sport
la prima ricerca italiana sull’hate speech online in ambito sportivo, realizzata analizzando 443.567 conversazioni su Facebook e 16.991 su Twitter delle principali testate giornalistiche sportive italiane.
Il 26 maggio alle ore 11 in diretta Facebook sulla pagina di Odiare non è uno sport
Il Centro CODER dell’Università di Torino, nel quadro del progetto Odiare non è uno sport, presenta il
BAROMETRO DELL’ODIO NELLO SPORT
Quanta volgarità, minacce e insulti anche a sfondo razziale o sessista sono presenti nelle discussioni on line che parlano di sport? Se da un lato lo sport è spesso strumento di integrazione e trasmissione di valori, soprattutto quando praticato, dall’altro, specialmente nella dimensione del tifo, può diventare un elemento divisivo che inasprisce la competizione fino a trasformarla in conflitti anche violenti. Ma quanto influisce in tutto questo l’uso dei social network? Che frequenza e che caratteristiche hanno i linguaggi d’odio online nello sport italiano?
Prova a rispondere a queste domande il Barometro dell’odio nello Sport, ricerca realizzata dal Centro CODER dell’Università di Torino nel quadro del progetto di prevenzione e contrasto all’hate speech Odiare non è uno sport, finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AID 011797) e promosso dall’associazione CVCS insieme a 13 partner nazionali.
Il primo risultato che salta agli occhi dal monitoraggio delle pagine Fb e Twitter delle principali testate sportive nazionali (La Gazzetta dello Sport, Tuttosport, Il Corriere dello Sport, Sky Sport e Sport Mediaset) realizzato dal 7 ottobre 2019 al 6 gennaio 2020, è che esiste un livello costante di hate speech al di sotto del quale non si scende mai, pari al 10,9% dei commenti su Facebook e 18,6% su Twitter.
I messaggi d’odio risultano dunque una componente non solo rilevante ma strutturale delle conversazioni sportive su questi social media.
Tuttavia, Facebook e Twitter sono diversi, sia per numero di commenti sia per la presenza di hate speech. A parità di messaggi pubblicati, Facebook genera un volume di commenti 26 volte superiore a quello di Twitter. Ma, mentre l’hate speech raggiunge il 13,4% dei commenti su Facebook, suTwitter arriva al 31% .
Se si vanno poi ad approfondire le modalità con cui si manifesta l’hate speech, il linguaggio volgare (14% su FB e 31% su Twitter) e l’aggressività verbale (73% e 60%) sono le forme più frequenti. Tuttavia, anche discriminazione (7% e 5%) e aggressività fisica (5% e 4%) non sono irrilevanti. La ricerca ha infatti individuato circa 5.000 commenti contenenti elementi di questo tipo pubblicati dagli utenti in un arco di tre mesi.
Infine, dato prevedibile, gran parte del traffico di notizie sui social e di conseguenza la maggior parte degli episodi di hate speech sono da ricondurre al mondo del calcio.. Emerge che Mario Balotelli e Romelu Lukaku sono i personaggi sportivi su cui si concentrano più commenti di hate speech (rispettivamente 16,7% su Facebook e 38,3% su Twitter; 15,5% su Facebook e 40,6% su Twitter) contenenti insulti e discriminazione razziale (rispettivamente 2,1% su Facebook e 5,6% su Twitter; 1,9% su Facebook e 2,4% su Twitter).
La ricerca sarà presentata il 26 maggio alle ore 11 in diretta Facebook sulla pagine del progetto Odiare non è uno sport (@odiarenoneunosport). L’evento live – moderato da Mimma Caligaris, giornalista sportiva e presidente della Commissione Pari Opportunità della Federazione Nazionale della Stampa – vedrà la partecipazione di Giuliano Bobba, del centro Coder, autore del Barometro e Sara Fornasir coordinatrice del Progetto Odiare non è uno Sport.
Contatti: ufficiostampa@odiarenoneunosport.it, 3469546862
Il progetto è sostenuto dall’Agenzia Italiana di Cooperazione allo Sviluppo e promosso dal Centro Volontariato Cooperazione allo Sviluppo, in partenariato con 7 ong italiane con ampia esperienza nell’educazione alla cittadinanza globale (ADP, CeLIM, CISV, COMI, COPE, LVIA, Progettomondo.mlal), l’ente di promozione sportiva CSEN, le agenzie formative FormaAzione, SIT e SAA-School of management, Informatici senza Frontiere per lo sviluppo delle soluzioni tecnologiche e Tele Radio City e Ong 2.0 per la campagna di comunicazione.