Fabrizia Gandolfi, 29 anni, ha conseguito nel 2015 la laurea magistrale in Cooperazione Internazionale, Sviluppo e Diritti Umani all’Università di Bologna. Ha svolto un periodo di volontariato in Costa d’Avorio, lavorando su un progetto agricolo, e ha partecipato al Servizio Civile Regionale prestando servizio al COSPE Onlus.
Fabrizia, cosa ti ha spinto a partecipare al Servizio Civile Nazionale all’estero?
Il motivo principale è stata la volontà di mettermi alla prova ed impegnarmi per un anno sul campo in un progetto di cooperazione internazionale. Avendo studiato per tanti anni e avendo avuto delle prime esperienze in Italia con le ONG, mi interessava sperimentare questo lavoro più da vicino. Un’esperienza sul campo nel mondo della cooperazione è sempre stato il mio sogno, quindi non ci ho pensato due volte a far domanda per il Servizio Civile Nazionale all’estero.
Quando si fa domanda per partecipare al Servizio Civile si consulta la lista delle ONG accreditate dove ci sono le informazioni sui Paesi di intervento e i progetti in corso. Come sei arrivata in Senegal, è stato per il Paese o per il progetto del COMI?
Prima di presentare la domanda ho valutato attentamente tutti i progetti di Servizio Civile nell’area geografica che mi interessava, ovvero l’Africa sub-sahariana. Ho poi ponderato la mia scelta più in base al progetto che al Paese. Avendo fatto la tesi di laurea sulla sicurezza alimentare, mi sono proposta per un progetto agricolo in Senegal. Il destino ha poi voluto che non fossi presa per quel progetto, ma fossi ripescata per un progetto sulla tutela dell’infanzia sempre in Senegal.
Qual è stata la prima impressione una volta arrivata a Kaffrine?
Premetto che, prima di partire, ho cercato in rete informazioni su Kaffrine e ho parlato con alcuni cooperanti che conoscevano la cittadina. La prima impressione di Kaffrine non è stata quindi tanto lontana dall’idea che avevo. Appena arrivata, ho percepito il caldo torrido del posto ed ho subito notato la presenza di molti bambini nelle numerose strade sterrate. Kaffrine somiglia ad una sorta di villaggio “allargato”, negli ultimi anni infatti si è registrata un’importante crescita demografica ed un’altrettanta urbanizzazione che ha ampliato i confini della ville. Tuttavia, in città prevalgono strade sterrate, piccole abitazioni e numerosissimi charrette.
Prima della partenza avete partecipato ad un periodo di formazione durante il quale, tra le tante cose, vi siete preparate alla realtà del paese di destinazione. Ora che sei qui, cosa ti ha sorpreso positivamente del Senegal e cosa negativamente?
Un aspetto sorprendente della società senegalese è la convivenza pacifica tra le diverse religioni. Nonostante il Senegal sia un Paese a stragrande maggioranza musulmana, vi è un grande rispetto verso le altre religioni, cristiana e animista, e sono molto frequenti le forme di sincretismo religioso. Il modo che ogni persona ha di vivere la propria fede è molto libero e personale. Questa realtà del Paese si distanzia molto dall’immagine che molto spesso i Mass Media occidentali vogliono dare dell’Islam. Ad esempio la maggior parte delle bambine e delle donne non porta il velo.
Gli aspetti del Senegal che, invece, mi hanno sorpreso negativamente sono l’inquinamento ambientale e le condizioni dell’istruzione dei bambini.
L’inquinamento ambientale è molto forte in alcune città come Kaolack. Passando in macchina per Kaolack si possono notare le discariche a cielo aperto e l’aria in alcuni punti è irrespirabile. Kaffrine, da questo punto di vista, è molto più pulita ma anche qui manca un sistema di trattamento dei rifiuti, bruciati prevalentemente per le strade. A mancare è anche la sensibilità delle persone a questo tema, visibile dalla cattiva abitudine di gettare rifiuti in plastica a terra o nei campi.
Le difficoltà che si incontrano nell’educazione scolastica dei bambini sono diverse a seconda del fatto che frequentino le scuole coraniche o la scuola pubblica (anche detta scuola francese). Mentre nelle prime i bambini vivono spesso in condizioni igienico-sanitarie precarie, nella scuola pubblica la numerosità delle classi (soprattutto elementari) e la scarsità degli insegnanti, non permette un ottimale apprendimento da parte degli alunni, favorendo troppo spesso fenomeni di abbandono scolastico soprattutto da parte delle bambine.
Consigli per i tuoi coetanei che vorrebbero fare la stessa esperienza?
Il Servizio Civile all’estero è un’esperienza attraverso cui ci si immerge in realtà diversissime da quelle a cui siamo abituati. Gli stimoli che arrivano nelle fasi iniziali sono tantissimi, soprattutto la voglia di fare. Il consiglio che mi sento di dare è di prendersi il giusto tempo per studiare e vivere le realtà in cui si è catapultati, abbandonando i tipici preconcetti occidentali che a volte ci portiamo dietro. E avere un forte spirito di adattamento.
Credo che il Servizio Civile Nazionale sia una grande opportunità per noi giovani e, in più, quello all’estero è un ottimo trampolino di lancio per chi intende lavorare nel mondo della cooperazione.
Come tu stessa hai accennato, si dice che il Servizio Civile Nazionale sia il trampolino di lancio per intraprendere la “carriera” del cooperante. Sai già cosa vorrai fare una volta terminata questa esperienza?
Dopo il Servizio Civile vorrei continuare a lavorare nel mondo della cooperazione, anche se non ho idee chiare sul Paese. Sicuramente lavorare all’estero, per certi versi, può essere più difficile ma è anche molto più stimolante. Per adesso quindi mi godo questa grande esperienza.