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UNA QUESTIONE DI IDENTITÀ

Figura 1. Foto finale di chiusura del progetto “Mujer Mapuche: Identidad y Territorio” con la presenza dell’autorità del SEREMI (Segreteria Regionale Ministeriale) della regione de “Los Rios”.

Ci troviamo a Malalhue, nel Comune di Lanco, nella XIV regione del Cile chiamata Los Rios, dove il 25,6% degli abitanti si definisce “appartenente ad una popolazione indigena” con riferimento a tutti quelle comunità “che discendono da raggruppamenti umani presenti sul territorio nazionale fin dall’epoca precolombiana, che conservano le proprie manifestazioni etniche e culturali e per i quali la terra è la base principale della loro esistenza e della loro cultura”. Insieme ad altre 8 regioni delle 16 presenti in territorio cileno si pone ad un livello percentuale maggiore rispetto alla media nazionale di 12,8%.

La legislazione cilena riconosce e si impegna nella tutela delle popolazioni indigene attraverso alcuni organismi governativi dedicati come ad esempio la CONADI, la Corporazione Nazionale dello Sviluppo Indigena, nata nel 1993, dalla legge 19.253, i cui obiettivi sono la promozione, il coordinamento e l’esecuzione statale dei piani di sviluppo rivolti alle persone appartenenti alle popolazioni indigene presenti. Quest’ultima, conosciuta anche come Ley Indigena, è uno dei primi organi legislativi che le protegge e riconosce legalmente. Attraverso questo documento e le sue indicazioni, infatti, si presume l’esistenza della diversità culturale ed etnica, autorizzando lo Stato a fornire risorse alle comunità in tutto il paese. Ha rappresentato il primo passo che ha portato all’entrata in vigore nel 2008 della Convenzione ILO n.169, sui diritti dei popoli indigeni e tribali, adottata già nel 1989 dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro delle Nazioni Unite. Tuttavia, la legislazione è fortemente messa in discussione ancora oggi dalle comunità Mapuche che compongono quasi l’80% delle popolazioni originarie riconosciute nel territorio (nello specifico nel comune di Lanco compongono quasi 1/3 dei cittadini)[1] alle quali non viene legittimata l’identità di popolo-nazione all’interno della Costituzione. Queste cifre ci comunicano come sia forte la presenza nel territorio di persone discendenti da una delle più antiche culture indigene latino-americane.

È in questo contesto che si inserisce ed opera la ONG COMI attraverso il progetto di Servizio Civile Universale “Caschi Bianchi a sostegno della comunità Mapuche in CILE” dal 2021, con la collaborazione del suo partner locale “MEDEMA – Organización Mujeres Emprendedoras”, con l’obiettivo di favorire la transizione verso una maggiore uguaglianza sociale della minoranza Mapuche, proprio nella località di Malalhue. Si propone di farlo attraverso la valorizzazione e conoscenza del patrimonio culturale indigeno ed il rafforzamento delle possibilità professionali offerte dalle attività tradizionali. Il maggior numero di persone provenienti dall’altresì chiamato “Popolo della terra” si concentra nella popolazione giovane e anziana ed è lì che si identificano i potenziali beneficiari di un intervento atto a fornire loro opportunità di mettere a frutto le loro conoscenze e competenze. È per questo motivo che un altro importante proposito del progetto è accrescere la motivazione personale dei ragazzi, attraverso la trasmissione della conoscenza della storia e dell’identità indigena sostenendoli in un percorso di formazione e valorizzazione.

Da un’indagine propria del COMI nel biennio 2018-2019 sulla conoscenza della cultura Mapuche, effettuata nel comune di Lanco su un campione dei giovani tra i 13 e i 19 anni, risulta che solo il 10% di loro la conosce in maniera approfondita. Si nota inoltre che nella stessa località ci sono più di 50 comunità mapuche, registrate con status giuridico, tra cui organizzazioni urbane e rurali, molte delle quali sono organizzazioni femminili, che mirano all’autodeterminazione e al rafforzamento della propria identità e del proprio territorio. Tutto ciò all’interno di una regione dove il mancato senso di inclusione sociale, culturale ed economica tocca soprattutto la popolazione indigena e i più giovani. Lo scardinamento economico e culturale delle tradizioni ancestrali della zona, sta comportando una crisi delle relazioni familiari nelle comunità rurali: l’80% dei Mapuche vive in aree urbane, con una significativa e definitiva perdita delle conoscenze tradizionali sulla coltivazione della terra, sull’artigianato, sulla medicina, sulla storia, sulla filosofia e sulla cultura indigena.

Alla luce di questi fatti, per il secondo anno consecutivo, il COMI in collaborazione con MEDEMA coglie l’opportunità di realizzare un progetto di formazione personale nel contesto della comunità locale di Malalhue.

Questo avviene grazie ai fondi del FFOIP (Fondo per il rafforzamento delle organizzazioni di interesse pubblico), iniziativa promossa dal Ministero della Segreteria Generale del Governo che prevede il finanziamento di diverse organizzazioni e che ha l’obiettivo di promuovere l’interesse generale in settori quali: i diritti dei cittadini, l’assistenza sociale, l’istruzione, la salute, l’ambiente o qualsiasi altro bene comune.[2] Nel concorso FFOIP 2023 (le cui richieste sono aumentate di un 30% comparandole a quelle del 2022[3]) è stata data importanza ai progetti che incentivano soprattutto la partecipazione e l’associatività dei cittadini oltre all’inclusione, all’equità sociale e alla cura dell’ambiente.

“Mujer Mapuche: Identidad y Territorio” (Donne Mapuche: Identità e Territorio), questo è il titolo che individua la proposta di una serie di incontri di formazione che possa proporre degli strumenti utili e validi per la conoscenza della propria identità e la affermazione del proprio io.  Si inseriscono all’interno della macroarea “Impulsando Liderazgos, Participación y Representatividad” (Promuovendo Leadership, Partecipazione e Rappresentatività) e sono rivolti principalmente alle donne (anche se gli incontri sono stati aperti a tutto il pubblico) che fanno parte di associazioni locali, per lo più mapuche, sia che vivano a Malalhue che nelle zone rurali. Nonostante l’attivismo associativo si incontra una difficoltà generalizzata a incentivare la formazione personale ed analizzare i processi politici del paese. La conseguenza si manifesta con una mancanza di interesse e di partecipazione agli stessi, con una parziale consapevolezza dei diritti delle popolazioni indigene e dei possibili cambiamenti futuri a cui volge il Paese. La conoscenza delle proprie capacità e possibilità, oltre che della propria storia, può dare però la possibilità di iniziare un processo di autodeterminazione e autogestione, che permetta di decidere come poter condurre la propria vita e sentirsi protagonisti nel cambiamento.

Attraverso la guida e l’intervento di relatori, tutti, rigorosamente mapuche, si sono potuti trattare diversi temi:

Figura 2. Laboratorio creativo di produzione del proprio albero genealogico all’interno di uno degli incontri.
  1. La famiglia e l’identità. La costruzione socio spirituale e territoriale nel mondo Mapuche si genera attraverso un vincolo fondamentale tra l’essere umano e la natura, con l’obiettivo di vivere una vita in equilibrio. La cosmovisione di questo popolo è legata ai concetti di tuwün (luogo di origine territoriale) e küpal (famiglia) che sono i due elementi fondamentali nell’identificazione della propria identità. È importante anche la connessione con il proprio Melil Fulil Kupalme, traducibile nel concetto di albero genealogico e che identifica le quattro origini familiari nelle figure dei nonni materni e paterni.

Guidati così da Luisa del Carmen Curin Llancavil, formatrice e insegnante del Mapuzungun – la lingua Mapuche – che ci ha accompagnato per tre incontri, approfondendo questi concetti e partecipando ad un laboratorio pratico, dove ogni persona ha realizzato il proprio albero indicando i nomi dei propri cari (nonni, genitori, zii e fratelli). Questo ha permesso ad ogni partecipante di porsi delle domande sulle proprie origini e notare come la conoscenza delle stesse ci caratterizzi e identifichi.

  1. Il concetto del Küme Mogen o Buen Vivir. Difficilmente è traducibile e riconducibile ad un unico significato, ci spiega Guillermo Neftali Jaque Calfuleo, musicista e docente della cultura mapuche. Le definizioni, viste singolarmente, esprimono solo in parte un sentimento di profonda unione armonica dell’uomo con l’ambiente circostante. Al primo termine si possono associare i concetti di: buono, benevolo, bene o tutto ciò che si trova in un certo equilibrio. Al secondo invece: vita, esistenza, soddisfazione o essere (concetto del “qui e ora”). L’uomo appartiene alla Terra (non il contrario) e il legame profondo che si instaura con lei è da considerare sacra. La comprensione profonda di questa relazione porta l’essere umano ad autoregolarsi in base alla natura, a cercare un ordine nella vita dettato innanzitutto dall’osservazione e dal rispetto dell’ambiente in cui si è immersi, un rapporto equilibrato ed interessato alla cura reciproca.

In un successivo incontro è stato anche esposto dal responsabile territoriale in questa regione, Raúl Rupailaf Maichin, il “Plan Buen Vivir”, un’iniziativa presidenziale che nasce dalla necessità di articolare gli sforzi e le risposte progettate dallo Stato, per affrontare il conflitto storico interculturale che comprende le regioni di: Bío Bío, La Araucanía, Los Ríos e Los Lagos.

  1. La salute e il diritto di proprietà della donna Mapuche. Nella visione di questo popolo ancestrale il Buen Vivir ha implicazioni in tutti gli aspetti dell’esistenza, compreso il benestare personale. Perché se vi è una disarmonia con l’intorno, questa si riflette anche interiormente. Gloria Alicia Nahuelpan Allaupan, “Lawentuchefe” (figura medica del Popolo Mapuche) della “Kume Mogen Ruka” dell’ospedale di Lanco, si occupa della gestione della salute di tutti i cittadini attraverso la proposta di una medicina più in linea coi valori tradizionali. Ha raccontato di come sia difficile al giorno d’oggi trovare un avvicinamento da parte della popolazione Mapuche a questi metodi di cura, con una minor incidenza degli stessi, rispetto ad abitanti di altre provenienze. “Il dialogo e l’ascolto stanno alla base della buona riuscita di un percorso di cura e questo processo richiede un periodo che varia per ogni persona” espone Alicia, che integra la proposta di cura con l’utilizzo di preparazioni a base di piante medicinali naturali, secondo la concezione ancestrale. La necessità di un determinato luogo e di un tempo adatto e sufficiente, però, spesso non viene soddisfatta per rimanere in accordo alle norme e al sistema attuale che gestisce la salute.

Infine, si è parlato di diritto di proprietà delle terre con l’avvocatessa Mapuche Carmen Tomasa Caifil, che ha rappresentato la Regione de Los Rios e de Los Lagos, nella stesura della proposta per la nuova Costituzione del 2022. Attualmente il Cile vede ancora vigente, anche se con alcune riforme, quella approvata nel 1980 durante il periodo di dittatura instaurato dal generale Pinochet. [4] Tuttavia, sta vivendo un processo costituente per rinnovarla.

Ci troviamo infatti nel periodo successivo alla vittoria del rechazo (la sua declinazione è stata votata dal 62% degli elettori), avvenuta a settembre 2022, di un ordinamento più attento nei confronti dei diritti sociali, dei popoli originari, della parità di genere e della difesa dell’ambiente. Con risultato un nuovo plebiscito, indetto per il prossimo dicembre 2023, per la proposta di un secondo testo da parte del nuovo consiglio costituzionale, insediatosi il 7 giugno dello stesso anno[5].

Alla luce di ciò, è stato possibile ricercare, leggere ed evidenziare come la Costituzione e il Codice civile stabiliscano le norme, insieme alla Convenzione 169 dell’OIL sui Popoli Indigeni e Tribali e dalla Legge Indigena n° 19.253, che regolano il diritto al possesso di terre e la loro restituzione ai popoli originari.

Prima della Ley Indigena, la politica attuata dallo Stato cileno sin dall’Indipendenza (1818) è stata sostanzialmente caratterizzata dalla volontà di assimilare gli autoctoni ed è possibile distinguere, a seconda del contesto socio-storico, i mezzi impiegati e le forme “legali” di espropriazione di una lunga storia di negazione della specificità indigena e di espropriazione dei territori, abitati da questi popoli.

Grazie alle domande e ai dibattiti creatisi si sono sollevate questioni e risolti dubbi, ma soprattutto è aumentato il livello di consapevolezza e conoscenza, strumenti necessari per difendere i propri diritti.

In conclusione grazie a questo percorso di 8 incontri è stato possibile riunire parte della comunità (anche se con difficoltà) per discutere, esporre, dibattere e ricordare che è ancora importante riunirsi e parlarsi “faccia a faccia” per affrontare i problemi, cercare soluzioni e anche cogliere l’opportunità di incontrarsi e passare del buon tempo insieme.

Questi sono gli obiettivi che ci siamo posti come associazione COMI ed è stata una grande opportunità per noi volontari. Ci ha permesso di introdurci già dall’inizio della nostra esperienza in questo contesto, ma soprattutto di instaurare un primo contatto con comunità locale, con le persone, che sono infondo il motore che genera il cambiamento verso un futuro migliore.

Matteo Tabacchi, volontario COMI in Cile

Figura 3. Momento di confronto e compilazione di un questionario di valutazione finale del progetto “Mujer Mapuche: Identidad y Territorio”

[1] Instituto Nacional de Estadísticas (INE) – Censo 2017-2018

[2] Dal sito ufficiale del Governo Cileno: https://fondos.gob.cl/ficha/segegob/ffoip/

[3] Dal sito ufficiale del Governo Cileno: https://fondodefortalecimiento.gob.cl/

[4] https://www.memoriachilena.gob.cl/602/w3-article-92403.html

[5] Biblioteca del Congreso Nacional de Chile (BCN) 

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